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Tacito
De oratoria,17
 
originale
 
[17] Sed transeo ad Latinos oratores, in quibus non Menenium, ut puto, Agrippam, qui potest videri antiquus, nostrorum temporum disertis anteponere soletis, sed Ciceronem et Caesarem et Caelium et Calvum et Brutum et Asinium et Messallam: quos quid antiquis potius temporibus adscribatis quam nostris, non video. Nam ut de Cicerone ipso loquar, Hirtio nempe et Pansa consulibus, ut Tiro libertus eius scribit, septimo idus [Decembris] occisus est, quo anno divus Augustus in locum Pansae et Hirtii se et Q. Pedium consules suffecit. Statue sex et quinquaginta annos, quibus mox divus Augustus rem publicam rexit; adice Tiberii tris et viginti, et prope quadriennium Gai, ac bis quaternos denos Claudii et Neronis annos, atque illum Galbae et Othonis et Vitellii longum et unum annum, ac sextam iam felicis huius principatus stationem, qua Vespasianus rem publicam fovet: centum et viginti anni ab interitu Ciceronis in hunc diem colliguntur, unius hominis aetas. Nam ipse ego in Britannia vidi senem, qui se fateretur ei pugnae interfuisse, qua Caesarem inferentem arma Britanniae arcere litoribus et pellere adgressi sunt. Ita si eum, qui armatus C. Caesari restitit, vel captivitas vel voluntas vel fatum aliquod in urbem pertraxisset, aeque idem et Caesarem ipsum et Ciceronem audire potuit et nostris quoque actionibus interesse. Proximo quidem congiario ipsi vidistis plerosque senes, qui se a divo quoque Augusto semel atque iterum accepisse congiarium narrabant. Ex quo colligi potest et Corvinum ab illis et Asinium audiri potuisse; nam Corvinus in medium usque Augusti principatum, Asinius paene ad extremum duravit, ne dividatis saeculum, et antiquos ac veteres vocitetis oratores, quos eorundem hominum aures adgnoscere ac velut coniungere et copulare potuerunt.
 
traduzione
 
17. ?Ma passo agli oratori latini. Fra di essi non c'?, credo, Menenio Agrippa - che pu? essere considerato un antico e che voi siete soliti collocare al di sopra dei buoni parlatori del nostro tempo - bens? ci sono Cicerone e Cesare e Celio e Calvo e Bruto e Asinio e Messalla: ma non vedo perch? dobbiate ascriverli ai tempi antichi piuttosto che ai nostri. In effetti, per limitarci a Cicerone stesso, fu ucciso il settimo giorno prima delle idi di dicembre sotto il consolato di Irzio e Pansa, come ha scritto nel suo libro Tirone: nell'anno in cui il divo Augusto sostitu? ai consoli Irzio e Pansa se stesso e Quinto Pedio. Conta i cinquantasei anni in cui il divo Augusto resse lo stato; aggiungi i ventitr? di Tiberio e i quasi quattro anni di Caligola e i quattordici di Claudio e gli altrettanti di Nerone e quell'unico lungo anno di Galba, Otone e Vitellio, e il persistere, ormai per il sesto anno, di questo felice principato, in cui Vespasiano si occupa dello stato: si arriva, dalla morte di Cicerone a oggi, a un totale di centoventi anni, che ? la vita di un uomo. Infatti, ho visto personalmente in Britannia un vecchio il quale sosteneva di aver partecipato a quella battaglia in cui, quando Cesare tentava l'invasione della Britannia, gli abitanti cercarono di respingerlo dalla costa e di ricacciarlo in mare. Ora, se questa persona, che ha opposto resistenza armata a Gaio Cesare, fosse stata tratta a Roma o come schiavo o per sua scelta o per un caso qualsiasi, costui avrebbe potuto ascoltare sia Cesare stesso sia Cicerone e assistere anche alle nostre arringhe. Comunque voi stessi, nell'ultima distribuzione di denaro, avete visto numerosi vecchi che narravano di averlo ricevuto una o due volte anche dal divo Augusto. Se ne pu? concludere che avrebbero potuto ascoltare Corvino e Asinio: infatti, Corvino visse fino alla met? del principato di Augusto, e Asinio fin quasi alla fine. Non dividete, dunque, un unico secolo in due e non continuate a chiamare antichi o d'altri tempi oratori che le orecchie delle stesse persone hanno potuto riconoscere e, per cos? dire, congiungere e abbinare.?
 

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